mercoledì 22 febbraio 2017

Cosa vuol dire "germanico"? Un'indagine storica.

Etenismo e paganesimo germanico


Mi sono trovata, in passato a scontrarmi con chi afferma inorridito: "I vichinghi però non sono germanici! Mica erano tedeschi!" Queste sono dichiarazioni basate sull'ignoranza che sfortunatamente può essere alimentata anche da gruppi che, in un tentativo di trovare una propria identità, tendono a commettere errori grossolani.
In questo articolo parlerò sia dell'unità linguistica che culturale del mondo germanico, da cui discendono le tradizioni pagane come Asatru, Vanatru etc.
 Vediamo dunque di fare un po' di chiarezza, e magari scopriremo qualcosa di molto interessante...

Chiarimenti terminologici
Spesso  quando parlo del tipo di politeismo che ho in mente uso l'espressione "paganesimo germanico" invece di "Etenismo", non a caso.
"Etenismo"  è una italianizzazione dell'inglese "heathen" e, seppure sia spesso usato per racchiudere tutto il politesmo germanico, trovo sia più adatto per descrivere specificatamente il paganesimo germanico moderno, ciò che nasce quando si cerca di trovare un equilibrio tra la mentalità moderna e le ricostruzioni del culto antico.
"Paganesimo germanico", invece, è più indicato secondo me come termine per descrivere tutto il politeismo germanico, presente e passato.
In questo articolo dunque parlerò di cultura germanica, non etena.

Germanico non vuol dire "tedesco":
Germanico NON vuol dire tedesco, tranquilli. La motivazione della parola "germanico" ha le radici nella storia e nella filologia.
In breve, "Germanico" rappresenta tutto ciò che discende dalla radice comune, linguistica (proto-germanico) e culturale.
I termini "germanesimo" e "germanico" dunque si riferiscono anche al campo linguistico, ci si rifà infatti al concetto di appartenenza di determinate lingue a un gruppo con elementi affini, ed è da considerarsi "germanico" ciò che si riferisce ad un contesto culturale che usa tali idiomi.

Le lingue germaniche
Le lingue "germaniche" (o così definite attualmente) sono le seguenti:
l'inglese, il tedesco, il nederlandese, il frisone, il danese, lo svedese, il norvegese e l'islandese, dialetti rispettivi inclusi. Seppure siano lingue molto diverse tra loro, uno studio filologico trova le similitudini nelle loro radici. Va segnalato, infatti, che i primi documenti nelle varie lingue si sono manifestati nel corso di un millennio (dalle prime scritture runiche del II D.C. alla letteratura nordica del XII secolo) e le prime variazioni erano molto più simili delle attuali lingue.
Detto questo, la "radice comune", un mondo linguistico unitario da cui sarebbero poi discese le lingue germaniche moderne,  non ha documentazione contemporanea e quindi rimane un'idea, un'astrazione. Cercando di ricostruirla si ha quello che viene chiamato il "proto-germanico", che resta comunque un'ipotesi.
Ma una ipotetica lingua comune implica necessariamente una cultura inizialmente unitaria? Per scoprirlo dovremmo esplorare alcune fonti.

I "germani": fonti
Leggendo il De Bello Gallico di Cesare, troviamo un primo caso di identificazione di una unità culturale. Prima di allora l'interesse Greco e Romano per le popolazioni germaniche era limitato se non nullo, e infatti non venivano distinti dai Celti nemmeno da Poseidonio (90 a.C).
Sfortunatamente Cesare non brilla per obbiettività, essendo le sue mire politiche e militari un fattore centrale nei suoi testi. Cesare inoltre non si cura molto della cultura germanica, se non per separarla da quella dei Galli.
Annales e Historiae documentano coalizioni germaniche che tentano di contrastare l'egemonia Romana; tuttavia è nella lettura di Germania di Tacito che possiamo trovare una consapevolezza maggiore di unità culturale, etnica e anche politica germanica, almeno per quanto riguarda il gruppo occidentale (Tacito tratta più specificatamente le tribù vicine al Reno ed al confine Romano, e diventa sempre più vago, e fantasioso,  quando inizia a parlare di popoli più lontani, essendoci meno contatto e dunque meno disponibilità di informazioni). La lingua torna ad essere un fattore decisivo nell'inclusione al gruppo "germanico", ma si trovano anche costumi, tradizioni ed istituzioni comuni; nel testo troviamo l'espressione mitica della coscienza, da parte delle tribù germaniche, di un "antenato comune", di una profonda affinità culturale e religiosa.  Va tenuto però a mente che anche Tacito aveva le sue motivazioni, e tende a descrivere  germani in modo poco obbiettivo, valorizzando quelle qualità che avrebbe voluto istillare nella sua Roma, che percepiva come decadente.
Possono essere usate, per colmare alcune di queste lacune storiche, le fonti geografiche del tempo, come per esempio i lavori di Strabone. Leggendo le compilazioni geografiche greco-romane si può vedere come da "germani" i popoli tendano nei secoli poi a frammentarsi in unità politiche separate (Vandali, Goti etc).
Le fonti archeologiche infine sono un'ulteriore arma per scoprire di più sulla cultura germanica. Nell'era volgare, infatti, archeologi identificano 3 grandi gruppi germanici che si estendono dalla Germania settentrionale alla Danimarca, dalla Slesia e dalla Polonia meridionale alla Scandinavia. La divisione dei tre gruppi germanici è basata su differenze nelle pratiche funerarie.  Con questo approccio si identificano i "germani dell'Elba" (zona Moravia e Danubio), i "germani di Przeworsk"  (Slesia e Polonia centrale e meridionale)  e i "germani occidentali" (tra il Weser e il Reno).  Si aggiungono ad esse alcune comunità sul Mare del Nord e del Baltico.
Tra questi gruppi troviamo alcune comuni caratteristiche culturali che non sono condivise da altre comunità su territori vicini, e le cronache degli storici antichi confermano questi spostamenti più o meno pacifici dei popoli germanici.
Il confronto con periodi storici antecedenti all'era volgare, però, rivela una moltitudine di culture che risalgono alla metà del primo millennio... Ma questo cosa vuol dire?


Dall'unità alla disgregazione o viceversa?

 Studiando così le fonti, scopriamo che la situazione nell'era volgare non nasce, come si pensava, da un'unità disgregata: la relativa e crescente coesione nei primi secoli d.C nasce da un processo di aggregazione!
Si può dunque presupporre una vera unità culturale tra le tribù germaniche intorno agli inizi dell'era volgare, e molte manifestazioni di questa cultura permangono e si vedono anche nella più tarda cultura islandese e "vichinga": per esempio il culto di Odino, Thor e Tyr, che Tacito identifica con Mercurio, Giove e Marte (associazione confermata dalla nomenclatura dei giorni della settimana).

Conclusione e riflessioni

Abbiamo visto  dunque come, studiando le fonti, sia assolutamente giustificato parlare di cultura Germanica, anche trattando di mitologia Islandese, norrena etc.
Una delle cose che trovo più affascinante, in realtà, è proprio che l'unità non era preesistente, ma fu creata!
 Spesso gruppi eteni elitari ed etnoesclusivi, così come altri gruppi filofascisti, parlano di una idealizzata coesione ed unità poi distrutta dallo straniero, dall' "altro", usando questo atteggiamento per giustificare il loro approccio teso all'esclusione. Considerato però il modo in cui la cultura germanica è nata, sarebbe forse più fedele ad essa un approccio  inclusivo e orientato non all'esclusione, bensì all'inclusione ed alla diffusione.

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